
-“Sono un detective. Lavoro a un caso.”
-“No che non lo sei. Ti conosco. Sei solo la figlia del macellaio.”
Quando di recente ho letto un articolo sul graphic novel “Ruby Falls”, disegnato da Flavia Biondi e scritto da Ann Nocenti, mi sono chiesta se avessi letto lo stesso volume di cui si parlava nella recensione. La trama era la stessa, eppure ricordavo di aver letto qualcos’altro.
Poiché la memoria gioca brutti scherzi, ho riletto “Ruby Falls”.
E confermo: ho proprio letto un’altra storia.
Questa la trama dalla quarta di copertina:
“Un paesino sonnolento nel cuore d’America. Tre generazioni di donne legate da un mistero cui nessuno pensa più da più di mezzo secolo, finché svelarlo non diventa inevitabile, e il pericolo di ieri torna così attuale e imminente da trascendere il tempo che è passato…”
Veniamo al dunque, senza girarci intorno: secondo il mio punto di vista, “Ruby Falls” non è un thriller. Non più di quanto “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon sia un giallo. In quest’ultimo romanzo, l’indagine di un ragazzino autistico serve a focalizzare la differenza tra la sua visione del mondo e quella altrui, al fine di una crescita: in pratica il giallo si trasforma in romanzo di formazione.
Analogamente, la chiave thriller in “RF” innesca un meccanismo che porta la figlia del macellaio (il “detective” della storia) a maturare una scelta di vita, dopo vari tentennamenti.
Certo, si tratta del mio personale punto di vista. Però, stando alla postfazione della sceneggiatrice, questa storia, che ha elementi noir, con l’apporto di Flavia Biondi si è concentrata sulle relazioni interpersonali. Inoltre, fin dall’inizio, scrive Ann Nocenti, le parole chiave erano: “ricordi, caverne, generazioni” (non “indagine, bilico e assassinio”, che ci potremmo aspettare in un giallo o un thriller o un noir).
Il punto non è: trovare l’assassino, l’arma del delitto, il movente, il per chi e il per come.
Il punto è: i ricordi a volte sono falsi (Primo Levi ne “I sommersi e i salvati” sarebbe d’accordo); se vogliamo appurare cosa del passato è vero e cosa non lo è, dobbiamo scendere in posti bui e nascosti, nelle caverne, e dobbiamo farlo da soli. Eppure non potremo tornare indietro, e quindi riemergere, se non con l’aiuto delle generazioni future.
In “Ruby Falls” si costruisce un ponte tra le generazioni, non è la storia della lotta femminista o della condizione femminile attraverso tre generazioni di donne. Ma è una storia di donne, che può essere letta da tutti quelli che conservano una mentalità aperta a una lettura non convenzionale, al punto di vista altro, alla tendenza alla dispersione anziché alla concentrazione.
Perché a chi importa del gangster del paese quando la nonna con l’Alzheimer si avvia da sola nelle caverne sotterranee?
La grande tematica del volume è: the fall, la caduta. Autunno (le foglie cadono), Alzheimer (la nonna cade in un dirupo), Betty (la “donna caduta”). I personaggi cadono, in questo fumetto, che non vuole insegnare la via per non cadere. Semmai, suggerisce che per risalire devi affidarti agli altri, al tuo prossimo, al ponte che è stato costruito tra le generazioni.
Perché non ci salveremo da soli.
Sono proprio grata al team Karen Berger, Ann Nocenti e Flavia Biondi per questa storia, che fa bella mostra di sé nella mia libreria… Come detto in una intervista alla stessa Nocenti, “It’s important to have women’s stories, and have women tell those stories.”
Non esiste un unico punto di vista né un’unica storia da raccontare né un unico modo di raccontarla.
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